Che cos’è la reazione di Maillard? La risposta è all’apparenza molto semplice, ma se andiamo ad analizzare il processo nel suo insieme, diventa molto complesso capire le dinamiche chimiche che intervengono durante la cottura dei cibi.
Allora arriviamoci per gradi, a fuoco lento e cerchiamo di partire dal principio.
Era un medico e chimico francese molto importante, nato in Lorena nella seconda metà dell’Ottocento. I suoi studi di chimica e botanica lo portarono a scoprire la fisiologia, quindi a formulare la celeberrima reazione tra aminoacidi e zuccheri ad alte temperature. Ecco che qualcosa si è acceso nella nostra testa.
Stiamo infatti parlando di cucina, di cottura, e di quella amata crosticina croccante e scura che rende deliziosi le carni e i prodotti panificati, che ci attira dalle vetrine dei forni e nei vassoi dei ristoranti. Scopriamo però di che cosa si tratta.
Pensiamo all’odore della carne alla brace, alla crosta leggermente scura del pane cotto a legna, alla croccantezza del fritto, dalle verdure alle ali di pollo, passando per pesce e molluschi. Ma vanno bene anche la crosta della pizza, i toast, la crema catalana e le verdure saltate in padella: tutto questo altro non è che la reazione di Maillard.
La reazione di Maillard è un processo chimico noto appunto dall’inizio del Novecento grazie all’omonimo scienziato, nel quale gli zuccheri monosaccaridi e gli aminoacidi reagiscono tra loro se portati ad alte temperature, formando nuove molecole. Sono proprio queste molecole la parte gustosa che abbiamo descritto sopra.
Chimicamente, entrando un po’ nel dettaglio tecnico, possiamo dire che la reazione di Maillard ha bisogno di due composti chimici, ovvero i carboidrati (quelli riducenti, come il glucosio e il fruttosio; per esempio non va bene il fruttosio, il comune zucchero da tavola) e le proteine.
A questo punto, però, non basta la presenza di questi due composti, ma è necessario alzare la temperatura. La velocità della reazione chimica va infatti di pari passo con la temperatura: inizia a circa 120° e aumenta man mano che l’acqua contenuta nell’alimento evapora. Attenzione però a non superare i 180°.
Un ruolo molto importante è giocato anche dal Ph, ovvero dal valore acido o basico del liquido contenuto nell’alimento: un Ph acido idrolizza le catene di carboidrati.
Facciamo un esempio. Per cuocere una bistecca sulla griglia, la cosa migliore è asciugare la carne, aspettare che la piastra arrivi a temperatura, ovvero sia rovente, cospargere la bistecca di grassi, cioè la spennelliamo con l’olio (i grassi sono ottimi conduttori di calore), e metterla a cuocere. Al resto ci pensa la reazione di Maillard.
Stessa cosa, nel funzionamento, per quanto riguarda i fritti e i soffritti, i biscotti, i prodotti da forno e tanti altri ancora: zuccheri e carboidrati reagiscono ad alte temperature e formano quella crosticina scura così invitante…
Perché allora la crosta che si forma con la carne di manzo, rispetto a quella di pollo, è più rapida nei tempi e consistente nella forma? Semplice, perché la carne bovina contiene più zuccheri rispetto a quella ovina.
Vi svegliamo un trucco per ottenere sempre e comunque l’effetto della reazione di Maillard: provate a marinare la carne.
Ma c’è sempre un rovescio della medaglia, soprattutto nelle cose buone da mangiare: la reazione di Maillard produce, soprattutto a temperature molto alte, superiori ai 200°, sostanze potenzialmente cancerogene, e distrugge gli aminoacidi essenziali, molto importanti nella nostra alimentazione. Insomma, un po’ di crosta va bene, ma stiamo attenti a non alzare troppo la fiamma: manteniamo la temperatura sotto i 140 e i 160° e non esageriamo con i tempi di cottura.
Adesso addentriamoci nella chimica e cerchiamo di capire qualcosa di questo mondo così complesso. La reazione di Maillard avviene in 3 fasi. Vediamole.
Nella prima fase abbiamo la reazione del carbonio carbonilico di uno zucchero con un gruppo amminico di un aminoacido di una proteina, quindi la formazione di una sostanza chiamata glicosilammina, che andrà a trasformarsi in un composto di Amadori o di Heynse, a seconda del tipo di zucchero. Sebbene con questa fase possa dirsi terminata la reazione di Maillard di alcuni prodotti, per esempio il latte, lo stesso non è per gli alimenti che presentano la crosticina scura di cui parlavamo all’inizio, quella, per intenderci, che ci fa gola. Per questo dobbiamo quindi passare alla seconda fase.
Durante la seconda fase registriamo molte e diverse reazioni, per lo più dovute al Ph e alla temperatura dell’alimento: formazione di composti dicarbonilici, disidratazione drastica dei composti della prima fase, scissione di altri composti che si erano andati a formare sempre nella fase precedente.
Con il passaggio alla terza fase abbiamo il vero e proprio imbrunimento dell’alimento, quindi il formarsi della crosticina. È in questa fase che si formando dunque le melanoidine, cioè quelle golose sostanze dal colore bruno. Attenzione però: a temperature troppo elevate, dai 180° in su, non si formano le melanoidine, ma sostanze pericolose e nocive dal nome difficile da scrivere e da leggere.
Ricapitolando, la reazione di Maillard non è altro che la crosticina sulla carne alla griglia, la croccantezza del fritto, la doratura del pane, la fragranza delle verdure saltate in padella, ed è una reazione chimica favorita da diversi fattori, quali: la natura del prodotto, ovviamente; il Ph acido o bascio; la temperatura di cottura: la reazione avviene infatti a temperature superiori ai 140°, ma inferiori ai 180°.
Attenzione a non bruciare e a non cuocere troppo gli alimenti quindi: cambierà il gusto e la salubrità. E addio Maillard.