Il numero dei malati di celiachia è in aumento, secondo il Ministero della salute ad oggi si aggira intorno ai 200.000 casi ma almeno il doppio non sarebbero ancora stati diagnosticati.
Negli ultimi anni si parla molto di intolleranza al glutine, di prodotti gluten-free, di alimentazione che addirittura favorirebbe l’insorgere della malattia. E sempre più spesso ci si chiede cosa sia cambiato rispetto al passato quando la celiachia sembrava meno diffusa.
E’ lecito porsi delle domande ma l’errore più grande è cercare risposte sui social dove titoli sensazionalistici, con l’unico intento di rendere un articolo virale, possono trarre in inganno.
In questo post con il supporto di studi condotti da esperti proveremo a rispondere ai quesiti più diffusi, negli ultimi tempi, legati alla celiachia:
Innanzitutto occorre comprendere il concetto di “miglioramento genetico” utilizzato nel corso dei secoli in agricoltura.
Si tratta del processo che ha permesso all’uomo di trasformare i geni delle specie selvatiche in colture domestiche modificando le caratteristiche organolettiche, migliorando la resa dei semi, il sapore, la grandezza o semplicemente l’aspetto di frutta, verdura e legumi per renderli più appetibili.
E’ lecito chiedersi se nel corso di questa selezione siano stati coltivati prodotti meno nutrienti e più tossici per l’uomo. Questo dubbio ci conduce alla domanda successiva: in passato il grano era più o meno nocivo di oggi?
Negli ultimi tempi con il diffondersi di patologie legate al consumo di grano, il prezioso cereale è finito sotto inchiesta. Percorriamo velocemente la sua storia ed evoluzione.
Il farro selvatico nasce in Turchia centinaia di migliaia (si pensa tra i 300.000 e 500.000) di anni fa dalla fusione del farro monococco dal corredo genetico molto ridotto (14 cromosomi), e una graminacea.
Circa 10.000 anni fa le popolazioni cominciarono a coltivarlo e dalla specie selvatica ottennero il farro coltivato tuttora utilizzato in alcune zone della nostra Penisola. Era questo il grano utilizzato prevalentemente nella dieta degli antichi Romani.
Nei secoli altre mutazioni più o meno casuali hanno portato alla coltivazione delgrano duro che utilizziamo per preparare la pasta e successivamente del grano tenero. Quest’ultimo impiegato prevalentemente nella produzione di pane e pizza può essere coltivato anche in climi freddi e ad oggi rappresenta più del 90% dei grani coltivati.
Due scienziati del Regno Unito nel 2015 hanno condotto uno studio sulle qualità nutrizionali dei grani contrapposti. Si tratta di Peter Shewry e Sandra Hey che presso il Centro di Ricerca di Rothamsted hanno analizzato i vari tipi di grano e sono giunti alla conclusione che:
“Sebbene siano disponibili dati limitati sui contenuti e le composizioni di componenti bioattivi nelle antiche specie di frumento, gli studi riportati mostrano che essi differiscono poco dalle moderne specie di grano.”
Non esiste quindi evidenza scientifica che i grani antichi siano più sani di quelli moderni.
Il ricercatore ha analizzato più di sessanta anni di tabulati sulle proteine contenute nel grano coltivato in Kansas e ha scoperto che le variazioni più significative dipendevano dagli sbalzi climatici del periodo più che dalla varietà di semente utilizzato.
In conclusione non è stato rilevato nessun aumento di glutine nelle coltivazioni dei nostri giorni.
In passato il pane era un alimento povero ampiamente utilizzato ed il suo consumo è diminuito nel tempo. Oggi consumiamo molte meno farine che nei secoli scorsi.
Allora forse è il glutine ad essere più tossico per i celiaci. L’intestino dei soggetti malati viene infatti danneggiato da frammenti di proteine che sopravvivono alla digestione e variano in base al tipo di grano.
Quindi grani diversi possono essere più o meno tossici per i celiachi perché contengono percentuali diverse di frammenti proteici.
L’epitopo è una parte del frammento che sopravvive alla digestione e si è rivelato l’elemento più tossico per il celiaco. Un team di esperti nel 2010 si è concentrato su due epitopi e dallo studio è emersa la presenza di elementi tossici sia in grani antichi che in grani moderni.
L’esito della ricerca è però stato strumentalizzato ed erroneamente è passato il messaggio che “il grano moderno sia più tossico di quello antico”. Grazie alla velocità della diffusione delle notizie nell’immaginario comune si è instillata l’idea che la celiachia sia strettamente legata all’utilizzo di grani nocivi per l’uomo.
In realtà la soluzione suggerita dai ricercatori non è scegliere tra antico e moderno ma utilizzare il miglioramento evolutivo e la biodiversità per individuare grani meno tossici per i celiachi.
I dati dello studio condotto nel 2010 è stato ripreso sei anni dopo per ampliare la gamma di elementi analizzati (più di 50 varietà di frumento e cinque epitopi).
Le conclusioni della ricerca evidenziano che non solo l’evoluzione del grano non ha contribuito ad aumentare i casi di celiachia ma ha anche stabilito che gli elementi tossici nei grani antichi erano presenti in percentuali maggiori.
Gli studi condotti nel corso degli anni sembrano dirigersi tutti in una direzione. L’ipotesi che i grani moderni abbiano concorso all’aumento della celiachia è da scartare in attesa di ulteriori ricerche ed approfondimenti in materia.
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